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I tuoi occhi

2024-01-22 13:11

Ruggero Goldoni

Società,

I tuoi occhi

Ho scritto questo breve racconto per il matrimonio di mia nipote Veronica e suo marito Luis Mario. Si sono conosciuti in Vaticano.

Ho scritto questo breve racconto per il matrimonio di mia nipote Veronica e suo marito Luis Mario. Si sono conosciuti in Vaticano. Erano entrambi in coda tra la gente, in attesa di entrarvi, ma in due file diverse. 
Luis Mario l’aveva notata, ma lei non lo degnava di uno sguardo. Questo è quanto mi hanno raccontato.
Io ho fatto quel che fa uno scrittore: si cala in situazioni altrui tentando di intuirne i pensieri, ipotizzandone il flusso.
Stavolta mi sono immedesimato in Luis Mario.
Il risultato è il racconto che segue, che ho naturalmente intitolato “I tuoi occhi” e ho dedicato agli sposi e alla loro felice unione.

P.S. Hanno coronato il loro amore sposandosi in Vaticano, proprio dove si sono conosciuti, concretizzando il loro sogno.



Ti vidi quella prima volta in piazza San Pietro, tra la folla, nella coda per l’ingresso a fianco alla mia. 
Ti guardai incantato, mentre il mio cuore batteva così forte che temetti volesse uscire, raggiungerti e supplicare un tuo sguardo.
Perché tu guardavi altrove.
Se avessi alzato i tuoi occhi, se mi avessi notato, sono certo, avrei lasciato anch’io qualcosa nel tuo cuore.
Magari avremmo potuto, a sera, ricordare quel momento e pensare che, forse si, sogni ed emozioni, nostro malgrado, scalpitavano nelle nostre anime. 
Se avessi alzato il tuo sguardo, il resto sarebbe arrivato da sé.
Come spinti dall’acqua e dal vento, trasportati da una natura della quale facciamo parte.
Se mi avessi visto sarebbe calato il silenzio e non sarebbe rimasto altro, su quella piazza, che noi due, immobili e rapiti, su uno sfondo sfocato.

Avremmo potuto conoscerci, magari incontrarci ancora, per capirci, senza davvero studiarci, andando oltre la volontà di accettare quello che il nostro intuito sapeva già. E forse i nostri desideri si sarebbero confrontati e immedesimati, nel tentativo di far cadere quella maschera che si indossa per gli altri, con l’intuizione di essere persone in grado “vedere”.

Se solo tu avessi alzato il tuo sguardo su di me, tutto sarebbe accaduto senza alcuno sforzo, il silenzioso amore sarebbe tornato a parlare con nostra voce.

Mi avresti presentato i tuoi genitori: tuo padre mi avrebbe guardato, soppesando serio il mio essere straniero, tua madre invece avrebbe sorriso con dolcezza, perché le sarebbero bastati i tuoi occhi per capire che tutto, nei nostri cuori, era già accaduto.
Ci saremmo sposati a Roma, in questo stesso luogo. Perché no? Poteva accadere, se solo tu avessi alzato il tuo sguardo su di me.
Mio padre avrebbe pianto mentre il tuo sarebbe rimasto serio. 

Avremmo avuto figli, un cane, o forse un gatto e una casa piena di noi, oppure un altro destino, ma in ogni ipotetico futuro saremmo rimasti una di quelle coppie rare che sfidano il tempo e crescono insieme, e nemmeno ci fanno caso.
Avremmo diviso il cibo, la fatica, la gioia e le lacrime, il cielo e la terra, vivendo la meraviglia di vederci, incontrarci, scoprendo insieme che esistono sentimenti invincibili che sfidano il tempo, intuendo che occorre riconquistarsi ogni giorno, che una sola volta non basta. 

Saremmo invecchiati sereni, spalla contro spalla, mano nella mano, attraversati dal tempo, trafitti dagli anni, ma con la certezza di appartenerci al di là del mondo, al di là tempo.
Perché certe coincidenze sono uniche come i desideri che si avverano. Certi destini non sono per tutti e accadono soltanto nei sogni, oppure, semplicemente, nel miracolo della vita.

Era il 14 ottobre del 2018, e mentre fantasticavo rapito dai miei pensieri, rialzai il mio sguardo e incontrai i tuoi occhi.